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mercoledì 14 ottobre 2009

Perchè è caduto l'oblio sulle liberalizzazioni?

Articolo pubblicato da MF martedì 13 ottobre 2009 a firma di Antonio Lirosi (ex Mister Prezzi e diretto collaboratore di Pierluigi Bersani durante le liberalizzazioni) co-autore insieme a Enrico Cinotti (giornalista de "Il Salvagente") del libro "L'Assedio"

Perché si parla poco di liberalizzazioni? Sembra che tutti si siano dimenticati sia dei risultati e delle incompiute dell’azione del Governo Prodi, sia dell’attuale esigenza di incrementare la concorrenza nei servizi. Eppure fino a qualche anno fa ogni giorno Confindustria, economisti ed editorialisti invocavano a gran voce le liberalizzazioni. Insomma per i portatori di interessi organizzati e per la politica, compreso il centro-sinistra che potrebbe rivendicare almeno il merito di quel che si è fatto finora, questo argomento non sembra più importante. Eppure il nostro Paese avrebbe bisogno di proseguire la svolta avviata dalle lenzuolate di Bersani che riuscì, con una risicata maggioranza, a far diventare legge dello Stato una trentina di disposizioni volte a ridurre monopoli, privilegi corporativi e vessazioni. Così come oggi ci sarebbe ancora bisogno di contribuire all’equità sociale e di espandere il merito e le opportunità specie ai giovani meno fortunati che non hanno alle spalle una famiglia di professionisti. Questa è una delle questioni che limitano la mobilità sociale, il termine che all’improvviso è piombato nell’attualità del dibattito, forse solo per tattica o per un’esigenza di aggiornamento del lessico politico, visto che le proposte di legge sul tema delle professioni vanno tutte in direzione opposta. Sono più di dieci quelle all’esame della Commissione Giustizia ed è indicativo che, dopo oltre settanta anni dalla nascita dell’attuale impianto normativo, sia ancora la “Giustizia” ad occuparsene in Parlamento e nel Governo. Il Paese aspetta da molti anni una riforma in chiave liberale degli ordini professionali nel senso di favorire l’accesso alla professione delle nuove generazioni, di rendere dignitoso e abilitante il tirocinio, di assicurare trasparenza ed efficacia all’azione di vigilanza degli Ordini, il cui ruolo dovrebbe essere orientato agli interessi generali. Al Senato poi le lancette dell’orologio hanno ripreso sul serio a girare all’indietro per quanto attiene la riforma della professione forense, come ha puntualmente denunciato l’Antitrust. Si vuole chiudere il recinto: ripristino della tariffe obbligatorie, nuove esclusive, barriera di accesso più elevate, uso limitato della pubblicità. Questa deriva di stampo corporativo si è messa in moto perché è successo che giovani avvocati (forse sarebbe più appropriato parlare di avvocati non affermati), da quando sono entrate a regime le norme del 2006, riescono ad ottenere da grandi committenti incarichi di lavoro grazie al fatto che possono offrire tariffe scontate e usano la pubblicità per farsi conoscere. Non poche cose sono cambiate con quella stagione di liberalizzazioni che sembravano impossibili a realizzarsi. Ne “L’Assedio”, oltre al backstage delle due lenzuolate di Bersani (la terza si arenò in Parlamento per la crisi di quella maggioranza di governo), viene fornito un aggiornamento sullo stato dell’arte e sui risparmi conseguiti per i consumatori. Ci riferisce ai 2 miliardi che i titolari delle schede telefoniche hanno recuperato con l’eliminazione delle spese di ricarica; alla scomparsa delle penali nei mutui, che probabilmente ha incrementato il numero delle famiglie che hanno estinto il mutuo nel moneto in cui la rata era diventata insostenibile (nel 2008 sono stati circa 480.000 i mutuatari che hanno finito di pagare il mutuo ottenendo la cancellazione dell’ipoteca senza bisogno di rivolgersi ad un notaio); agli oltre 2 milioni di correntisti che ogni anno cambiano banca senza essere costrette a versare l’obolo delle commissioni fisse di chiusura. Anche la portabilità dei mutui, dopo tante resistenze, ha prodotto risultati nel corso degli ultimi dodici mesi: secondo l’ABI, sono stati 36.000 i mutui trasferiti (ogni giorno si concludono circa 90 operazioni di portabilità). E cambiando settore, parlando del commercio, si può notare l’apertura di nuovi forni, molto spesso all’interno di esercizi della grande distribuzione, dopo la liberalizzazione delle licenze di panificazione, così come sono diventate più frequenti e massicce, specie in questa lunga fase di crisi dei consumi, le vendite promozionali a seguito della piena libertà nel praticare sconti concessa a negozi e supermercati. Allora perché offuscare o non ricordare a sufficienza tutto questo? Perché non riprendere il processo delle liberalizzazioni che invece dovrebbe essere un cantiere sempre aperto? Per motivi politici, per pressioni corporative o perché il fronte del consenso dei potenziali beneficiari non è sufficientemente rappresentato nei partiti? E se si fa passare il messaggio che tutte le liberalizzazioni stanno per essere seppellite, si offre anche un’eccezionale arma mediatica alle lobby che trovano terreno fertile per i loro intendimenti. Così facendo si alimenta pure il luogo comune che in Italia nulla può cambiare. Certo l’opinione pubblica è scoraggiata perché si accorge sia delle resistenze al cambiamento, sia dell’azione lobbistica che trova sponda in alcuni personaggi politici. Per esempio, nei mesi scorsi si è tentato di cancellare l’esperienza delle tremila parafarmacie nate dopo la liberalizzazione dei medicinali da banco e che finora ha eroso soltanto il 2% del monopolio detenuto dalle farmacie convenzionate con il SSN. Quest’ultime, dopo un recente decreto del Governo, vedono espandere la loro attività nel campo sanitario e diagnostico, mentre dall’altro lato il processo di apertura del mercato non si consolida mettendo in concorrenza anche la vendita degli altri farmaci che i consumatori pagano di tasca propria. Al momento l’unico tentativo riuscito di rivedere le norme Bersani riguarda il ripristino delle polizze pluriennali contenuto nella legge n. 99/2009. Infine l’azione del Governo ha finora prodotto due interventi di liberalizzazione che erano rimasti incompiuti nella passata legislatura: servizi pubblici locali e distribuzione dei carburanti. Al momento però sono rimasti solo sulla carta. Il primo perché la versione legislativa approvata con la manovra estiva del 2008 si è rilevata non incisiva, tanto che il Governo ha provveduto a riscriverla interamente con una nuova disposizione inserita nel decreto-legge c.d. salva infrazione. Il secondo perché le disposizioni varate per superare la procedura di infrazione comunitaria lasciano alle regioni la facoltà di subordinare l’apertura di nuovi impianti di distribuzione di carburanti alla contestuale fornitura di gpl e metano. Insomma l’agenda rimane sostanzialmente scarna.